Il respiro della Giordania

Amman, capitale costruita su sette colli poi diventati quattordici, ha un altitudine di 1.400 metri sul livello del mare. Il vento è freddo e ti taglia la pelle, ma l’azzurro del cielo è strepitoso.

Per capire la Giordania e i Giordani, bisogna andare al centro antico della capitale.  Arrivati in questa zona piena di negozietti e ristorantini, vi dovete fermare sul marciapiede. In silenzio. Intorno a voi c’è la solita vita di città, ma vi attraverserà la pace di questo luogo e di questa gente.

La Giordania accoglie con un sorriso. Nel suo grembo vivono quasi 4 milioni di Palestinesi che sono scappati e si sono rifugiati sulle sue terre. Gli autoctoni Giordani sono i beduini del deserto che sono un numero notevolmente inferiore ai Palestinesi che compongono quasi il 90% degli abitanti. Pensate che un Palestinese, se vive in Giordania, non potrà visitare la sua terra se la sua età va dai 15 ai 55 anni. Una volta compiuto i 55 anni, può richiedere il visto ed entrare a visitare ciò che rimane della sua storia familiare. Noi leggiamo questo sui giornali e nei libri, loro lo vivono veramente. La parola che sentirete dire di più è “welcome”, e lo intendono per davvero. La città è moderna, pulita e funzionale. Piena di grande rotonde che controllano un traffico non pesante come per esempio il Cairo, ma dove fanno spicco molte autovetture ibride. Rimane comunque una capitale del mondo Arabo, con i suoi palazzi caratteristici bianchi e squadrati e i tipici suoni e odori. Si prende la macchina e si va nell’antica città di Jarash (Gerasa) a pochi chilometri da Amman. Un trionfo di storia Romana e Greca con maestose colonne, un bellissimo teatro, e persino un piccolo Circo Massimo. La città, scoperta da un archeologo Tedesco nei primi dell’ 800, è stata sistemata e organizzata da molte spedizioni culturali Italiane. Lo sforzo è notevole, visto il fatto che non si sono molti fondi a disposizione, ma il rispetto dei Giordani per la loro storia è ammirevole. Ci fanno vedere le colonne che suonano che erano fatte con un materiale che emetteva un rumore quando arrivavano vibrazioni. Venivano usate come allarmi in caso di terremoti, vista l’alto grado di sismicità del paese. E poi vai alla Cittadella di Amman (Jabal al-Qal’a) dove tutto iniziò. A Roma si dice che il Palatino fu la collina dove Roma iniziò la sua storia, e qui si sale sulla collina dove si trovava una dei più antichi insediamenti degli esseri umani nella storia del mondo. E si cammina tra strati di storia in una giornata fredda, con il vento che pulisce il cielo terso. E cammini e poi all’improvviso inizia. Il canto dei Muezzin inonda l’aria provenendo da tutti i minareti della città. Il suono antico ti trapassa l’anima e un’antica vibrazione ti sale dal cuore nutrendo quello che di più antico alberga in ognuno di noi. Un momento che potresti far incidere sulla tua lapide: “colui che ascoltò il canto dei Muezzin in piedi nella cittadella di Amman”. Si ritorna alla civiltà frastornati da tanta bellezza e emozione. Si va a mangiare al centro antico della città in un locale storico dove paghiamo 2 euro a testa, e mi soffermo a guardare la vita che ci circonda, e mi accorgo di quanto siamo simili e di quanto la parola “diversità” non ha senso in questo luogo. Il giorno dopo, tappa obbligatoria, si va al Mar Morto che è il punto più basso sulla terra con i suoi 420 metri sotto il livello del mare. Prima di arrivare all’albergo, facciamo due tappe d’obbligo. La prima è al Monte Nebo (Memorial of Moses) dove dice la leggenda, arrivò Mosè dopo i suoi 40 anni di cammino. Arrivò su questo monte e vide la terra promesse, e poi morì. E’ uno dei luoghi più sacri per i Cristiani nel mondo e il sito è gestito dai Gesuiti. Si sale sul monte e davanti si ha la vista delle terre sacre che ci hanno accompagnato nella nostra vita: Jerico, Nablus, Betlemme, Hebron. Luoghi di culto, luoghi di storia, centri di un universo religioso che è esistito molto prima di noi, e che durerà molto più delle nostre esistenze. Sul monte c’è una chiesa che ha nel suo interno dei bellissimi mosaici restaurati da un progetto Italiano. La seconda tappa è il luogo chiamato Baptism Site. Il luogo, grande ma ben organizzato, ha come centro il sito dove fu battezzato Gesù. Una volta il Giordano fluiva in quel luogo e gli storici hanno trovato l’esatto punto dove Giovanni Battista bagnò il capo di Gesù. Nei secoli vi hanno costruito chiese che sono puntualmente crollate, ma nessun dubbio alberga nei cuori dei Cristiani. Dopo qualche centinaia di metri arriviamo in un luogo fuori del tempo. E’ una specie di piscina/fiume che dovrebbe essere il Giordano. Dalla nostra parte ci sono due soldati Giordani, dall’altra parte del fiume vediamo bandiere e soldati Israeliani. Questo confine è diventato un luogo dove chiunque si può immergere e battezzarsi in quello che erano le stesse acque della storia narrata. Vedo molte persone, con magliette bianche, immergersi totalmente in questa acqua fangosa. Arrivati nell’albergo bello e funzionale, visto che è costruito come un vecchio villaggio Arabo, andiamo subito sulla spiaggia. Prendiamo manciate di fango del mar morto e lo passiamo sul nostro corpo. Sembriamo antichi gladiatori con armature di fango. Appena il fango si secca sulla pelle, ci si butta in acqua godendo la sensazione stranissima e piacevole di lievitare come se uno fosse nello spazio ma si trova nel mare più salato del mondo. Spendiamo il tempo al Mar Morto come una piacevole vacanza in un luogo peculiare. Il giorno dopo arriva il nostro autista Othman che ci guiderà sulle strade del paese con destinazione Petra. Ci chiede ridendo come fossero i pesci e gli squali del Mar Morto. Sappiamo tutti che non c’è possibilità di vita nel Mar Morto, ma quando un Giordano ti chiede dei pesci…intende le donne….e quando ti chiede degli squali….intende gli uomini. La strada costeggia il Mar Morto per poi deviare e salire sui monti per attraversarli. Passiamo il luogo dove pochi giorni prima, durante delle piogge violente, una cascata assurda d’acqua ha spazzato un pullman con 20 bambini facendoli morire annegati. Il Re ha indetto un lutto Nazionale per il rispetto delle vittime. Attraversiamo paesaggi incredibili, con monti che non hanno nulla a che vedere con quelle a cui siamo abituati. I colori sono rossi, grigi, gialli, dando ai nostri occhi un immagine di terra bella e misteriosa. Arriviamo a Petra di sera e dopo cena andiamo subito a letto visto che la mattina dopo ci aspetta una giornata lunga. La mattina presto incontriamo Saddam, la nostra giovane guida esperto di cavalli. Entriamo oltre i cancelli d’ingresso ma mentre tutti vanno dritti per l’entrata principale e il famoso canyon, noi giriamo a sinistra verso i monti. Camminiamo per ore tra gole, tombe, templi, caverne scavate nella roccia che ci tolgono il fiato per quanto sono belle. Petra, antica città prima del popolo Edomita e poi dei Nabatei, ti lascia a bocca aperta per la capacità di questi popoli di costruire case e luoghi di culto nel mezzo di una terra piena di monti, colline e aridi deserti. E’ un posto difficile da spiegare a parole visto che ti lascia senza forze e t’inebria. I Nabatei erano un popolo nomade dediti al commercio, e di conseguenza i beduini sono i loro naturali discendenti. Fino a qualche decennio fa, nella città antica ancora vivevano famiglie soprattutto nelle caverne. Il Re, visto il significato storico del sito ma soprattutto la difficoltà di vita nei luoghi, costruì una città solo per loro su una collina vicina a Petra dove vivono tutt’oggi. Alla fine di quasi 5 ore di cammino, ci avviciniamo alla parte “turistica” di Petra. Saddam ci chiede se vogliamo andare a vedere il monastero che dista solo 900 scalini dal punto in cui stiamo. Iniziamo la camminata e subito mi accorgo che nell’antichità raggiungere Dio non era poi così semplice. Camminare per chilometri o salire per 900 scalini ti da fisicamente e mentalmente il peso del divino. Molti turisti prendono i muli per salire, noi invece c’incamminiamo lentamente fino alla cime dove ci troviamo davanti alla facciata del Monastero incastonata nella pietra della roccia rossa. Bellissima, maestosa, imponente, mistica. Ti trovi in questi luoghi e senti che sono unici nel loro genere, che non esiste nulla come questo. Riscendiamo verso l’entrata visitando un negozio di che vende ambra, mirra e incenso. Torniamo camminando attraverso il famoso canyon pieno di rumore e canti. Andiamo anche a vedere “Petra by night” ma vista la quantità di persone il suo fascino svanisce tra la folla. Il giorno dopo andiamo verso Wadi Rum, il deserto. Il luogo è impressionante con una vastità enorme. Ridossati si vedono i “villaggi turistici” dove vi sono le tende per domire. Ci sono tende semplici dove ti devi portare il sacco a pelo, ma ci sono anche tende con aria condizionata e doccia con acqua calda. Andiamo in giro con jeep aperte e ci facciamo abbracciare dal luogo, dai colori e le sfumature che il tuo occhio non riesce quasi a carpire. Il tramonto lascia inebediti. Credo che sia una cosa innata, ma quando uno si trova in un deserto vero, si sente subito un essere essenziale, qualcosa di primitivo e semplice. E poi si torna ad Amman e poi si parte, e poi si torna a casa con la consapevolezza di aver vissuto un paese incredibilmente bello che ti regala picchi d’emozioni che vanno dal dolce cullarsi tra le onde del mar morto, alla magnificenza dei monti di Wadi Rum. Non esistono uomini o razze davanti alle emozioni che questo paese di regala. Grazie Jordan, grazie.

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