A volte si aprono piccole dimensioni sulle cose che ci succedono, come quando pensi ad una persona e poi appare, o hai la sensazione che dovrà accadere qualcosa che poi accade.
Una mattina, mentre facevo colazione, ho visto il trailer di “Life of Chuck” e ho avuto la netta impressione che questo film sarebbe stato qualcosa di importante per me.
Inizio subito con quello che ha fatto nascere questo capolavoro d’umanità. Il primo passo è Stephen King che in uno dei suoi libri, una raccolta intitolato “Se scorre il sangue”, scrisse il racconto “La vita di Chuck”. Eravamo nel 2020, e appena uscito il libro, la società di produzione di Darren Aronofsky (Protozoa Pictures) compra i diritti per farci un film. Tre anni dopo annunciano che il regista Mike Flanagan, conoscitore delle opere di King, dirigerà il progetto adattando il racconto al grande schermo. I protagonisti sarebbero stati Tom Hiddleston e Mark Hamill.
Fanno il film, creano il trailer, e io una mattina lo guardo e una mano invisibile mi batte sulla spalla e una voce silenziosa mi dice “è questo”.
“Life of Chuck” è un film che riesce a catturare la profondità dell’animo umano attraverso una narrazione delicata e potente. È un esercizio di vera e propria riflessione sull’esistenza, la memoria e il senso del tempo.
Il film è diviso in tre parti:
La prima parte, Atto III Grazie Chuck!, ci spiazza totalmente. Vediamo la fine di qualcosa, persone che si stringono umanamente tra di loro in attesa della fine. Vediamo cartelloni pubblicitari che ringraziano Chuck, mostrandoci il bel volto di Hiddleston.
La seconda parte, Atto II Artisti di strada, sostanzialmente diventa il simbolo del ballo della vita. Due persone sconosciute che si prendono per mano e ballano ad un ritmo di un artista da strada. “Perchè hai iniziato a ballare?” “Non lo so”.
La terza parte, Atto I Contengo moltitudini, ci abbraccia. Siamo noi il bambino con gli occhiali grossi, o con le orecchie a sventola. Siamo noi sgomenti e spaesati alla ricerca di un significato più grande di noi che forse non arriverà mai.
Tom Hiddleston offre una prova attoriale intensa e sfumata, rendendo Chuck un personaggio fragile ma incredibilmente vicino allo spettatore, mentre Mark Hamill aggiunge una presenza solida e rassicurante al cast.
La regia di Flanagan è dolce e morbida, attenta ai dettagli e alle sfumature emotive: ogni scena sembra costruita per evocare una sensazione di familiarità e al contempo di mistero, come se la vita stessa di Chuck fosse un mosaico di piccole epifanie e grandi domande.
Il film non si limita a raccontare una storia, ma ci invita a interrogarci su ciò che resta di noi nelle vite degli altri, su quei momenti di coincidenza e di connessione che danno senso alle nostre giornate.
“Life of Chuck” è una pellicola che lascia il segno e fa riflettere, come raramente accade in una sala di cinema. Nel vederlo mi sono sentito piccolo davanti all’immensità di quello che stavo vedendo, come un uomo che ha vissuto, ha ballato, e alla fine ha ricevuto amore da chi amava.
Un film stupendo che credo vada visto più volte, e che ci permetterà di fare il punto della nostra esistenza quando ci dedicheremo alla sua visione.
Buon viaggio, buon abbraccio a tutti.
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