Jo Jo Rabbit

Let everything happen to you, Beauty and terror
Just keep going, No feeling is final

Rainer Marie Rilke

Strano scrivere di un film come Jo Jo Rabbit in una situazione di pandemia ma probabilmente serve. Ridere dei drammi dell’umanità, oltre ad avere un connotato catartico, serve a ridimensionare le cose e vivere meglio l’ansia e la paura.

In questi giorni la creatività ha dato sfogo a perle d’umorismo che fanno ben sperare in alcuni tratti del genere umano.

Il regista e sceneggiatore Taika Waititi lesse il libro “Caging Skies” di Christine Leunens regalatogli dalla madre. S’innamorò del racconto e decise di farci un film. L’opera di Waititi segue la storia di un bambino tedesco Johannes “Jojo” Betzler (un bravissimo Roman Griffin Davis) membro della gioventù Hitleriana e fanatico del Terzo Reich in generale. Il problema però é dato dal fatto che più Jojo si addentra nelle teorie naziste più sente di non appartenervi.

Vive le sua paure creandosi un amico immaginario che, pensate un po’, è Adolf Hitler himself recitato in modo forzatamente ridicolo proprio dal regista. Jojo vive con la madre Rosie (una bravissima Scarlett Johansson) e ha come amico Yorki (Archie Yates) un suo coetaneo maldestro ma molto saggio. Jojo va nelle scuole naziste dove gli inculcano l’antisemitismo più bieco che cerca di sposare appieno. Un giorno, mentre è a casa, sente un rumore. Va nei piani superiori della casa e trova una ragazza nascosta in un anfratto della casa. Si chiama Elsa Korr (la brava Thomasin McKenzie) ed è ebrea.

Il film è bello, toccante, e divertente. Tocca temi drammatici, ma come nella migliore tradizione di film intelligenti e ben fatti, ci fa vedere il male con altri occhi, e questo serve per continuare ad andare avanti anche nel dramma.

Ho trovato il finale del film bellissimo nella sua semplicità e per me è uno dei più bei finali della storia del cinema.

Lo faremo anche noi quando il coronavirus smetterà di abbracciarci.

Heroes for one day.