Qua e là, Iran meravigliosa

Il mio piede non ha potere di viaggiare su
questo sentiero che fuorvia i saggi; io non ho
potere di sopportare l’odore di questo vino, esso
confonde la mia conoscenza.

 Saik Faizi

Vai in Iran? Ma che sei pazzo? Ma non hai paura? Ma sono terroristi!!

Arriviamo tardi all’aeroporto di Teheran. Gli aerei volano tardi la notte. Devo cambiare I soldi e vado nell’unica banca aperta considerando che I cambiavalute sono chiusi per decreto governativo. Mi siedo davanti al giovane impiegato che sta mangiando qualcosa con I suoi colleghi. Prende I miei soldi per cambiarli, il suo collega mi offre un piccolo, freschissimo cetriolino tipico di quella terra.

Ci sono famiglie che attendono che arrivi qualcuno. Hanno tutti in mano dei mazzi di fiori grandissimi con bellissimi fiori bianchi.

Sono le due e il tassista ci guida nelle strade deserte di Teheran. Cosa strana visto che la città dove vivono 11 milioni di abitanti è caotica e inquinata. In lontananza, nel cielo, cadono dei fulmini.

 

 

 

 

Quant’è bella Shiraz, al mondo non ha pari!
Preservala, mio Dio, da tutte le sciagure!
Scorra, scorra per sempre questo ruscello nostro,
che fa, con le sue acque, senza fine la vita.
Fra i sereni abitati e le liete radure
uno zefiro fresco che dell’ambra ha il profumo.
Vieni a Shiraz, tra la sua gente cerca,
così perfetta, grazie celestiali

 Hafez

 

Prima tappa Shiraz.

Dicono: “Esfahan per gli occhi, Shiraz per il cuore”.

La nostra guida, Arshia, è un giovane di 28 anni che oltre ad essere architetto è guida culturale/turistica del paese. Ci incamminiamo nei vicoli di Shiraz iniziando a respirare gli odori e I colori. Andiamo nella Moschea Nasir ol Molk , chiamata anche la Moschea rosa. La dinastia dei Qajar la costruirono e il colore della famiglia era il rosa che si trova sulle ceramiche delle pareti. Una parete della Moschea è costituita da porte di legno con vetri colorati che costringono la luce ad entrarvi dentro formando danze colorate di rara bellezza.

Visitiamo I Giardini di Eram godendo della maestosità e della bellezza delle piante e dei fiori. La fontana centrale, che serve per rinfrescare l’aria, si posa davanti alla costruzione dove le famiglie regnanti godevano di quello spicchio di paradiso sulla terra. Le giovani coppiette innamorate usano I vicoli tra le siepi per scambiarsi baci nascosti.

Andiamo a rendere omaggio al poeta Hafez visitando la sua tomba. Le poesie di Hafez sono ancora oggi cantate in ogni dove. Le opere del mistico poeta, I Ghazal, vengono usate anche come oracolo. La gente va a visitare la tomba portando con loro il libro dei suoi scritti. Iniziano facendo prima una domanda al poeta, poi toccano tre volte la sua tomba e poi aprono a caso il libro su una pagina. In quella pagina c’è la risposta al loro quesito.

Vediamo l’antica Quoran Gate, o porta del Corano. Si trova all’uscita della città verso l’autostrada. Nella sommità della porta c’è il sacro libro, e dunque tutti I viaggiatori che passavano sotto la porta avevano la sacra benedizione prima di intraprendere il loro viaggio.

E inizio a capire che questo paese vive ancora con rispetto e amore la sua grandissima storia. E inizio a vivere la gentilezza dei suoi abitanti, gente semplice, cortese, che tratta lo straniero con un rispetto immeritato. Innumerevoli sono state le volte che siamo stati fermata per strada da questi volti pieni di storia. Si avvicinano sorridendo e ti chiedono: “Where are you from?” “Italy”. Allora si mettono la mano sul cuore e sorridendo ti dicono: “Welcome to Iran”. Mi vengono ancora I brividi…..

Il giorno dopo prendiamo la macchina per andare verso Esfahan ma per strada ci fermiamo a Persepolis.

Ahuramazda è un grande dio per aver creato la terra, il cielo, l’uomo e per lui la felicità, colui che creò Serse e lo fece diventare re, re dei re, re dei differenti popoli, re di questo mondo vasto e immenso, sono figlio di Dario il re, dicendo dagli Achemenidi.
Serse, il grande re, dichiara: Io ho costruito questa “Porta di Tutti i Popoli” E molti altri edifici eretti da me dal mio padre. Quello che abbiamo costruito di bello è stato per ispirazione divina. Serse il grande re dichiara: Ahuramazda protegga me il mio regno, protegga quello che ho costruito io e che ha costruito mio padre

Inutile dirvi la magnificenza e la grandezza del sito. La porta di tutte le Nazioni era all’ingresso del sito. Mentre ci si avvicina alla porta vediamo due grandi tori scolpiti che fanno da guardia. Una volta all’interno altre due figure di Dei alati con volti umani ci rammentavano che da quel momento in poi si entrava in un luogo quasi mistico visto il potere dei sovrani. La magnificenza di quello che era vibra ancora nell’aria e la parete con le incisioni degli ambasciatori dei popoli che rendono omaggio al re non ha eguali come bellezza e rappresentatività.

Dopo qualche chilometro andiamo alla necropoli (Naaaghsh-e Rostam) dove sono sepolti quattro Re della storia persiana: Dario I, Serse I, Artaserse I e Dario II . Le tombe sono scavate nella roccia. C’è anche un’immagine scolpita di due Imperatori Romani, Filippo l’Arabo e Valeriano, che implorano il Re Persiano Sapore dopo essere stati sconfitti per ben tre volte.

Nella valle del Pasargadae, in mezzo al nulla, troviamo la tomba di Ciro il Grande. Una costruzione solitaria e maestosa a ricordare la grandezza del Re. I persiani dicono che quello e il centro della Persia, e si sente.

Siccome è Ramadan, per il pranzo non possiamo mangiare nei ristoranti e locali tipici visto che è tutto chiuso. Noi stranieri mangiamo nei ristoranti degli alberghi oppure in ristoranti che aprono solo ai turisti. Ci sediamo all’ombra di un portico mangiando riso e carne e bevendo un tè della zona che è fatto da 13 tipi di erbe diverse.

Arriviamo a Esfahan e ci fermiamo fuori città in un centro commerciale per fare delle compere. Si, i centri commerciali hanno Zara, Armani, Nike, Adidas, sorpresi?

Mentre parcheggiamo la nostra macchina, due guardie del parcheggio chiedono a Arshia se lui parla inglese. Ci sono due ragazzi che stanno pomiciando in macchina dentro al parcheggio e sono sicuramente stranieri. Nel paese è vietato baciarsi o abbracciarsi in pubblico. Lui bussa al finestrino e capisce che sono due pischelli Iraniani. Dice loro di andarsene e lo fanno velocemente.

Questa è la cupa contraddizione del paese. Immaginatevi se un giorno in Italia si facesse una rivoluzione alla fine della quale vincono gli oltranzisti di una religione diversa dalla nostra. Nel caso dell’Iran, in modo molto complicato e doloroso, hanno vinto gli Islamici. Nel spodestare l’ultimo Shah il popolo votò per la corrente religiosa che si rivelò oltranzista e crudele. Dalla padella alla brace. La maggioranza dei Persiani non seguono la religione di Stato. In Iran la maggioranza dei Persiani non è Mussulmana. Nascono Zoroastriani, ma ci sono molti Cristiani e anche Atei. Ci sono naturalmente molti che seguono l’Islam portando il paese ad essere un crogiolo di Dei e religioni. Le donne non possono mostrare la pelle e devono avere il velo sul capo se stanno fuori casa. Gli uomini non possono mettersi canottiere o calzoni corti. Durante il Ramadan appunto, non si può mangiare fino al tramonto. C’è la polizia morale che gira per le strade multando le persone che non seguono i dettami imposti. Ti richiamano, ti fanno le multe, a volte ti mettono in carcere. Quando inizi ad avere confidenza con loro la prima cosa che ti chiedono è: come ci vedete dal di fuori? Cosa pensate dell’Iran?

Mi sento come se fossi dentro la serie Handmaids Tale, empaticamente vivendo le loro angosce e nello stesso tempo la loro voglia di libertà. Tutte le ragazze giovani che ho conosciuto alle fine allungano la mano verso di me perché la vogliono stringere. Lo fanno per strada davanti a tutti sfidando il mondo. Io prendo quelle mani cortese e senza forza e le stringo sperando che nulla al mondo possa fare del male a questo popolo straordinario.

Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine
 tutte quante…

Il saggio, dal “Divan” di Hafez

Esfahan è stata una delle tante antiche capitali dell’Iran. In mezzo alla città passa il grande fiume Zayandeh che però di questi tempi è stato deviato per via delle industrie siderurgiche del paese. La romantica città di Isfahan dunque viene tagliato dal letto arido di un fiume lasciandoti alla fantasia di quello che era. Ci sono due grandi e famosi ponti sul fiume. Si-o-se Pol o ponte dei 33 archi (Allahverdi Khan bridge) e il Khaju Bridge chiamato anche il ponte della musica. Si chiama cosi perché verso la sera i vecchi della città si siedono sotto i suoi archi e cantono le vecchie canzoni basate sui versi dei poeti Persiani. A volte anche i giovani cantano con loro cercando di carpirne la tradizione e la storia.

Andiamo anche a comprare dei tappeti, ma tutto quello che concerne la compravendita di un tappeto persiano merita un racconto a parte. Sappiate solamente che parliamo di cultura millenaria che si sposa con le antiche regole del commercio. Siamo stati quasi tre ore sorseggiando tè e caffè e godendoci delle opere d’arte tessute da chissà quali mani.

Andiamo in una scuola di musica dove tre giovani ci suonano dei brani di musica tradizionale usando strumenti che si perdono nei tempi.

Il giorno dopo andiamo nella piazza Naqsh-e-Jahan o Image of the world.

Vi avevo parlato della piazza di Spagna a Sevilla riferita a Piazza Navona a Roma, ma questa lascia senza fiato. La piazza è la seconda più grande del mondo, dopo Tienanmen a Pechino, ma è circondata da basse costruzioni che racchiudono il bazar. Al lato sud La grande moschea Shah Mosque. A est si trova la vecchia residenza su sei piani Palazzo Ali Qapu e davanti ad essa a ovest la moschea Masjed e Shaikh Lotfolah.

Quando scenda la sera e l’aria si rinfresca, le famiglie si siedono sull’erba a mangiare o a bere del tè. I bambini giocano e i vecchietti discutono sulla vita. Un luogo che è tutti i luoghi. Ho la macchinetta fotografica a tracolla e un vecchietto seduto sulla panchina mentre mangia un gelato mi chiede di fargli una foto. La faccio e poi la guida mi traduce quello che dice: “Fai vedere questa foto e questa piazza e dì a loro che qui vive l’ISIS”. Mi si stringe il cuore.

La Moschea più piccola, Masjed , era stata costruita per essere usata privatamente. Dedicato al suocero dello Sceicco Lutfalla, si narra che siccome era privata ci andavano solo le donne che vivevano a corte. Entro. Alzo gli occhi, e vengo inondato. Non riesco neanche ad alzare la mia Nikon per fare una foto. Non ho mai sentito tale emozione davanti a qualcosa di costruito dall’uomo. Mai. Le moschee, al contrario delle cattedrali cristiane, vogliono far sentire all’avventore la vicinanza a Dio. Non vogliono dare la sensazione di essere piccoli davanti alla divinità, ma bensì vicini.

Io sento un calore salirmi nel cuore, qualcosa che non so descrivervi. Le ondate di bellezza mi colpiscono come le onde del mare. Rimango senza parole. Quando usciamo non so cosa fare, sono frastornato. Due piccole lacrime mi escono scorrendomi sulle guancia. Le asciugo subito. Ancora mi girano nel corpo. Che bellezza, che armonia, che cosa hanno visto i miei occhi!!

Visitiamo la mosche grande Shah Mosque godendoci della sublime architettura e dei trucchetti che gli architetti usano per renderla antisismica. Mettono dei rettangoli di legno tra i mattoni per assorbire le vibrazioni dei terremoti. Ci perdiamo nel bazar, tra odori e colori. Mi sento come a casa, come se i miei piedi avessero già tante volte calpestato quelle strade e quei vicoli.

Arshia ci porta in una bottega di artigiani tessili. La bottega ha 250 anni sempre gestita dalla stessa famiglia. Incontriamo i due artigiani, fratelli, e il loro padre ottantacinquenne. Loro a 5 anni hanno iniziato a stampare e colorare i tessuti. I loro lavori sono bellissimi e nello stesso tempo semplici. Ci prendiamo reciprocamente in simpatia. Ci invitano a mangiare con loro. Ci sediamo in mezzo ai tessuti per terra mangiando polpette di agnello delicate e buonissime, pane caldo, e birra senza alcool. Sentiamo le loro storie e ci nutriamo della loro gentilezza.

 

Nella strada verso Yadz ci fermiamo in un caravan serrai. Erano luoghi dove i nomadi e commercianti si fermavano a dormire e a rifocillarsi. Naturalmente coglievano l’occasione per scambiarsi la merce e usare le loro abilità di commercianti.

Ci fermiamo a vedere una fabbrica di tappeti.

Ci fermiamo a vedere un antica costruzione che veniva usata come un mega frigorifero dove tutta la popolazione del paese poteva tenere al fresco il cibo durante i mesi più caldi

Ci fermiamo a vedere una pigeon house. Casa costruita appositamente come casa per centinaia di piccioni. Le loro deiezioni venivano usati come fertilizzante e dunque in quelle case si raccoglieva la preziosa cacca di piccione. Erano costruite in modo che nessun predatore potesse entrarvi, e solo i piccioni potevano uscirvi da alcuni fori vicino al tetto.

Ci fermiamo a Ardakan dove Arshia mi fa percorrere un vecchio tratto dell’acquedotto sotterraneo chiamati Qanat. Al contrario dei romani, i persiani costruivano acquedotti sotto la terra portando l’acqua dalle montagne alle città. Gli operai che vi lavoravano, gli muqannīs, facevano un lavoro duro ma prezioso per la comunità. Si vestivano di bianco, lo stesso colore che si mette indosso ai defunti, in modo che se accadeva qualcosa le famiglie non dovevano sforzarsi a trovare una veste adatta per loro. Erano e sono considerati eroi. Respect.

Yazd e una delle più antiche aggregazione umane nella storia dell’uomo. Gli abitanti di Shiraz sono gagliardi, cool. Quelli di Esfahan si sentono al centro del mondo mentre gli abitanti di Yazd sono tranquilli e introversi. Si vede dalle alte mura delle loro case che sono volte a nascondere i loro giardini e le loro entrate. La città antica è un dedalo di viuzze tra le mura ricoperte di fango e paglia. La moschea di Yazd, la Moschea Turchese, è il centro di aggregazione dell’intera città. I vecchi si siedono a prendere il fresco tra le sue mura mentre i bambini giocano nel suo grande cortile.

Usciamo dalla citta a vedere le torri del silenzio. I Zoroastriani rispettavano i quattro elementi della natura: fuoco, aria, acqua e terra. Non potendo seppellire i loro morti o bruciarli, si inventarono le torri del silenzio. La gente portava i loro morti nel luogo e salivano sulla collina portando i defunti in una grotta che si trovava a poca distanza dall’entrata della torre. Nella grotta venivano ricevuti dal custode che prendeva il loro morto e lo portava nella torre. Apriva il cancello e stendeva il morto per terra sul pavimento enorme della torre. Quando chiudeva il cancello per la notte lasciava i corpi in quel luogo mistico per fare in modo che venissero mangiati dagli avvoltoi. La mattina dopo raccoglieva le ossa in una buca che era stata scavata al centro dello spiazzo e le cospargeva di calce viva. Le famiglie sostavano per la notte alla piede della collina in alcune casette di fango. Nel muro che si affacciava verso quelle poche case dove si trovavano le famiglia, c’erano due fessure. Le famiglie accendevano dei fuochi e la luce dei falò s’intravedeva dalle due fessure. Le luci servivano per non far spaventare le anime dei morti durante la notte. Il luogo sacro ha una forza incredibile. Ti prende per la gola e non ti lascia.

Andiamo nel Atash Kadeh (tempio del fuoco di Yadz) dove si può vedere il fuoco sacro dei Zoroastriani. E’ acceso da millenni e lo rimarrà per molto tempo ancora. Vediamo sull’entrata del tempio il Faravahar il simbolo del Zoroasmo che si trova in molti luoghi di culto. Lo spirito che crea con il pensiero. Il simbolo rappresenta lo scopo della vita di ogni essere umano. La testa del vecchio simboleggia la saggezza, il cerchio grande è il circolo della vita. Il cerchio piccolo nella mano del vecchio simboleggia il legame che non si interrompe. Da qui sembra sia nata la fede nunziale. Le ali hanno tre gruppi di piume. La prima e per i buoni pensieri, la seconda per buoni parole, la terza per buoni azioni. Più ognuno di noi vive secondo questi dettami e più le ali sono forti per volare in alto verso il cielo. La coda invece, anche essa divisa in tre, viene divisa per i cattivi pensieri, parole e azioni. Se tu vivrai secondo questi dettami, la coda peserà molto e t’impedirà di volare. La profondità delle nostre vite in una raffigurazione.

Andiamo a vedere la Zurkaneh (casa della forza) dove si allenano gli Javan Mardi (gentlemen). E una palestra circolare con attrezzi antichi. Allenano i loro corpi e le loro menti con esercizi molto duri. Allenano la mente ruotando su loro stessi e cercando di controllarsi quando si fermano.

Finisco a Teheran, la capitale piena di vite e caos. Vediamo i palazzi dello Shah. Mi colpiscono le stanze con i mosaici di specchi. Andiamo nel nord della città bella e ricca e percorriamo un sentiero che s’inerpica per le montagne pieno di locali dove la notte sicuramente la vita sprigiona i suoi petali.

Nel rileggere tutto questo che ho scritto mi accorgo che non vi ho detto molte cose. Non ho parlato di alcuni odori, dei molti sapori, degli sguardi delle donne o dei sorrisi degli uomini. Non vi ho parlato della sensazione che hanno i tuoi piedi mentre camminano nei vicoli del bazar di Yadz, o la pace che senti quando ti siedi guardando i tetti delle città.

L’Iran mi ha fatto un grande dono anche se non mi sento all’altezza di questo regalo.

Sono le quattro di mattina e l’aereo s’innalza verso il cielo di Roma. Guardo dal finestrino e nonostante il buio vedo un pezzo del mio cuore che mi saluta perché vuole rimanere lì.

Iran Esfahan-126

P.S. tutte le foto sono le mie.

7 pensieri riguardo “Qua e là, Iran meravigliosa

  1. Ti ammiro! Grandissimo coraggio e dimostrazione. Certe zone non possono restar inesplorate ai nostri occhi solo perchè “c’è la guerra”, così come l’Iran, anche Gerusalemme, il mar morto e tantissime altre.

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    1. Grazie mille del tuo commento. Sottoscrivo ogni tua parola e reitero che, almeno nel caso dell’Iran, la “guerra” è fatta senza armi ma con parole e idee. Spero che vi saranno molte altre persone che visiteranno questo meraviglioso paese che oltre alla sua immensa storia, ha come ricchezza principale il cuore delle persone che ci abitano e che desiderano la pace e la conoscenza di altre culture.

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