la grande bellezza

Ne  “La Grande Bellezza” durante i titoli di coda viaggiamo su un barcone sul Tevere. La luce sull’acqua ci fa capire che probabilmente è l’alba. La barca scorre lenta sotto i ponti pieni di storia e noi guardiamo in giro. Gente che porta a passeggio i cani, gente che corre, alcune suore che si mettono in fila sul bordo di un ponte a farsi la foto. Roma che scorre lenta come ha fatto nei millenni di storia.

Jep Gambardella è uno scrittore che scrisse un libro anni fa. Bel libro che ebbe successo e poi più nulla.  Lavora come giornalista e si occupa di teatro e mondanità. Il film si apre con la festa dei 65 anni di Gambardella. La “Roma bene” che balla su un terrazzo pieno di alcol e cocaina. Gente che si diverte. Gente che suda e si guarda. Quelle feste che ti lasciano il mal di testa e il ricordo di un pompino nel bagno. C’è una vetrina con una ragazza che balla e si spoglia lentamente. Sorrentino va dentro questa vetrina.

La musica che c’è fuori non si sente. Lei balla nel silenzio.

Jep vive di notte e poi all’alba cammina in una Roma splendida e livida. Lui ha più classe degli altri, e forse per questo è diverso. Si sofferma sui piccoli tesori che la città troia regala. Cammina con le mani in tasca. Fuma con eleganza. Torna a casa e s’incontra con l’unica persona con la quale ha un rapporto vero: la sua domestica sud americana. Si sdraia poi sul letto e guardando il mare sul soffitto si addormenta. Questa è la sua vita. Mentre la “bella gente” lavora, poi torna a casa, beve un bicchiere di vino rosso, si vede un pò di televisione, e poi va a letto…..lui fa tutto il contrario.

Sorrentino ci ha abituati ormai alle sue visioni. Animali selvaggi, colori forti, immagini oniriche. Ci spiazza portandoci dentro la sua visione delle cose. Grande cinema. Come un albero senza radici viene spazzato via dal vento, questi soldati del divertimento si aggrappano a finte gioie e dolori per non volare via. Vediamo attrici devastate, uomini servi (un ottimo Carlo Verdone), persone con segreti (Sabrina Ferilli che qui è brava), figli pazzi, e cocaina sniffata sul tagliere di legno dove noi tagliamo il pane. Camminando per le vie della città Jep si accorge che ci si può stordire tutta la vita, ma poi la realtà arriva sempre. La morte aleggia intorno a lui e lo riporta all’unico suo grande amore che iniziò in un isola in mezzo al mare, illuminata dalla luce di un faro. Seni tondi e labbra carnose che sedimentarono come verità dentro di lui.

Un “rosebud” napoletano.

Come un moderno Fellini, Sorrentino ci fa vedere una Roma bellissima e unica. Ce la fa vedere con animali esotici, bar pieni di gente strana, persone che parlano al telefono dicendo “vaffanculo” come solo a Roma si sente. Lui, Napoletano, ci racconta quello che questa città gli ha regalato. E noi Romani guardiamo curiosi e attoniti. Roma piena di croci e religione, di umanità strisciante, di fontane, di statue, di una sensazione di decadenza che non muore mai. La Roma de “sti cazzi” .

Il film è profondo e tocca i grandi temi, ma ce lo fa godere attraverso lo sguardo e le movenze di un maestoso Toni Servillo, forse il più grande attore Italiano dei nostri tempi. E poi c’è un Cardinale esperto di cucina, un prete sul dondolo, una suora che conosce i fenicotteri. Roma zoccola e santa. Roma.

La scena del funerale e della sua preparazione rimarrà negli annali del cinema.

Sorrentino muove la macchina  da presa con una visione tutta sua, e la fotografia di Luca Bigazzi in questo film lo farà diventare il nuovo Storaro. Gli attori sono tutti bravi, forse perché non hanno recitato altro che sostanzialmente la loro vita. Forse hanno fatto uscire un pò di quella tristezza e malinconia che pavimenta le loro esistenze.

Roma è alba e tramonto, è notte, è sampietrini bagnati dall’umidità.

Questa è la storia di un uomo che aspettava che nella sua vita arrivasse la grande bellezza.

 

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