Don’t look Up

Il regalo di natale di Netflix quest’anno è una chicca che viene dagli USA; un film divertente e a tratti geniale ma anche abbastanza ansiogeno. “Don’t look up”, del regista Adam McKay (in passato scrittore del SNL, e si vede) è una mega produzione che tratta argomenti purtroppo molto contemporanei, ma in modo molto sagace e intelligente. 

La storia è presto detta: Kate Dibiasky (una brava Jennifer Lawrence) è una studentessa del Michigan State University nel Dipartimento di Astronomia e mentre controlla il cielo con il telescopio, si accorge che c’è una grossa cometa che ha una traiettoria diretta verso il nostro pianeta. Avverte il suo professore nonché mentore Randall Mindy (uno strepitoso Leonardo Di Caprio) e vista l’urgenza, il loro dipartimento informa il prestigioso Dr Teddy Oglethorpe della NASA che si occupa appunto di oggetti pericolosi che si trovano nello spazio. Siccome i calcoli matematici dicono che l’impatto avverrà dopo circa sei mesi, fanno di tutto per informare la Casa Bianca in modo che si possa creare una strategia difensiva per quella che diventerebbe l’inevitabile fine del mondo per come lo conosciamo.

Vengono ricevuti dal Presidente, Sig.ra Janie Orlean (una mitica Meryl Streep) e da suo figlio, Chief of Staff Jason Orlean (un divertentissimo Jonah Hill) e da qui la storia prende una piega tragica visto che entrano in gioco grossi interessi politici e economici. Il Governo decide allora di mandare in orbita una missione per far saltare la cometa, ma entra in ballo il billionario tech Peter Isherwell (un bravissimo Mark Rylance) che ci ricorda Elon Musk, e che sovverte l’analisi puramente scientifica convertendola in qualcosa che potrebbe portare “la soluzione di tutti i problemi nel mondo”. Purtroppo quello che lui vuole far credere come la soluzione a tutti i mali è in effetti una mossa puramente economica che farebbe guadagnare a lui una somma infinta di denaro.

Come vedete, la trama non è proprio nuova, ma il ritmo e la “visione” di McKay rende l’opera godibile e con un andirivieni di situazioni comiche, grottesche e anche abbastanza drammatiche. 

Di fatto “Don’t look up” è una intelligente allegoria di quello che siamo diventati noi esseri umani nella nostra civiltà attuale. Dopo che il mondo conosce il pericolo, la società si divide tra chi crede alla cometa, e chi invece crede che sia tutto una farsa. L’evento viene usato dal Presidente Orlean per la sua imminente campagna elettorale e per giochi politici con gli altri paesi, mentre la scienza viene derisa e nello stesso tempo creduta da parte distinte delle masse. Le televisioni usano l’imminente tragedia per aumentare gli ascolti, mentre i social media stigmatizzano in modo diretto e semplice la divisione della società. 

Il film nasce per pungere e portarci in una situazione di “what if?”, e infatti In questi giorni ci sono puntuali analisi su tutti i media di quello che rappresenta simbolicamente la cometa. Potrebbe essere una rilettura della pandemia, come potrebbe essere il pericolo incombente della crisi climatica, visto in particolar modo l’interesse di McKay e Di Caprio a queste tematiche. In verità iniziarono a girare il film prima della pandemia confermando che a volte la finzione anticipa la realtà.

Vero è che il film riesce farci vivere la sensazione di disperata attesa e di cosa effettivamente potrebbe accadere davanti ad un olocausto come questo. 

Inutile dire che mentre la cometa inizia la sua discesa sul pianeta, tutto diventa essenziale e le relazioni umane prendono un altro colore e sapore davanti all’imminenza del nulla. 

Come sarebbe in realtà, ognuno decidere di vivere gli ultimi momenti della vita nel modo a loro più consono, portando poi il film a tratteggiare momenti di intensa poesia. 

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