Qua e là, Seychelles

C’è molto dibattito nei nostri tempi sul concetto di turista al confronto di quello di viaggiatore. Siccome di romantico c’è rimasto ben poco, allora le persone che si muovono nel mondo cercano quel qualcosa di peculiare per dare un valore aggiunto al viaggio che hanno fatto. La realtà è che grazie alla massificazione del turismo il mondo si è rimpicciolito, ma tra poco non avrà più la capacità di sostenere le migliaia di persone che girano il mondo su navi, aerei, pullman alla ricerca di qualcosa da portarsi a casa. Il romantico “viaggiatore” sostanzialmente non esiste più. Una volta si partiva e non si sapeva nulla di dove si andava. Si calcavano le terre straniere alla scoperta di culture, cibo e tradizioni. Nei nostri giorni chiunque abbia un cellulare può sapere tutto su tutto. Detto questo credo che l’unica cosa da fare non è scegliere cosa fare, ma come farlo. L’approccio alle cose credo sia importante, sia se si sta facendo una crociera oppure un viaggio organizzato. Vado a New York che è occidentale in tutti i suoi aspetti. Prendo l’aereo e vado in giro in metro, ma quando cammino per strada quello che vivo esiste solamente in quel luogo tra quella sporcizia, quel rumore, quegli odori. New York.

Il turista “conquista” ma ci sono luoghi che “conquistano” in quanto la loro peculiarità è talmente grande che noi ci sentiamo piccoli e inevitabilmente rispettosi di tutto quello che ci si pone davanti. Penso all’Islanda, o magari alla terra del fuoco Argentina, oppure….

Il viaggio alle Seychelles inizia un giorno quando decidiamo “dove andiamo”? Un amico ti racconta, un libro ti descrive, una foto ti dipinge un immagine, e decidiamo di andare proprio li. Prendi gli scatoloni dei vestiti estivi, i costumi e le ciabatte. Ti senti strano, come quando da bambino dovevo prepararmi per andare a trovare i miei famigliari in Italia. Quando sali sull’aereo il tutto diventa reale. Persone, fusi orari, luci, sorrisi. Arriviamo a Dubai a notte fonda e c’è talmente tanta gente che sembra la stazione Termini. Dubai è diventato un centro nevralgico che collega i diversi mondi, soprattutto è la tappa dove quelli da est vanno a ovest e viceversa. Cammini nei lunghi corridoi e seduti trovi un caleidoscopio di volti, vestiti, occhi che ti fanno sentire parte di qualcosa di molto più grande.

Arriviamo tarda mattina all’aeroporto di Mahè, capitale delle Seychelles, e fa caldo. Aspettiamo il Twin Otter che ci carica e si fa 10 minuti di volo sull’arcipelago per arrivare a Praslin, una delle maggiori isole delle Seychelles e centro nevralgico del turismo. Quando arriviamo ci fanno salire su un autobus e mentre va (conducono a sinistra come in Inghilterra) capisco che quel luogo sarà un regalo.

Il film di Sophia Coppola, figlia di Francis Ford, “lost in translation” si basa sulla sensazione molto forte che gli occidentali hanno quando vanno in oriente. La sensazione di calpestare un altro mondo. Di avere davanti agli occhi nulla di riconoscibile. Nonostante le loro città siano simili alle nostre, è il modo in cui loro vivono la vita che è diversa. Farmi guidare tra le strade di Praslin circondato da palme, alberi, fiori, animali, persone che hanno un’altra vibrazione mi da un senso profondo di benessere.

Il resort è bello, comodo e nello stesso tempo semplice. La sabbia bianca (corallina) non brucia. Ci spiegano che al contrario delle nostre, non ci sono particelle di ferro e dunque riflette il sole e non brucia.Inizia così la nostra permanenza alle Seychelles, e da li cominciamo a fare i turisti, viaggiatori, ricercatori, in un mondo bellissimo dipinto con un pennello intinto nel paradiso.

Andiamo in barca all’Isola di “Le Digue”, patrimonio mondiale dell’UNESCO. Dovete sapere che le prime tre fonti di sostentamento in queste isole sono per prima la pesca, poi il turismo e terzo la produzione di cocco e i suoi derivati. La prima cosa che mi colpisce di Le Digue è la varietà dei volti delle persone. Sono di razza “creola” e dunque una miscellanea di storie e sangue. La loro lingua è un misto della loro storia, francese, inglese, e chissà cos’altro. Camminiamo davanti a un cimitero dove sono sepolti tanti vecchi pirati. Dice che giravano questi mari, ma quando arrivarono in queste isole si fermarono perché la bellezza dei luoghi e delle donne li fecero rimanere li. Prendiamo un sentiero dove si coltiva l’orchidea della vaniglia. Ci spiegano che ogni stilla di vaniglia va fecondata a mano e solamente in un periodo particolare della stagione. Una volta fecondata va poi lavorata con dei processi naturali lunghi e abbastanza complessi, ma il risultato è una spezia che tutti conosciamo e che allieta molti delle nostre pietanze. Vediamo come preparano il derivato del cocco, e come usano tutto quello che il frutto ci dona. Insomma del cocco non si butta niente. Pranziamo in un ristorante sulla spiaggia mangiando pietanze tipiche piene di spezie e sapori buonissimi. E poi andiamo a vedere le due spiaggie famose di Le Digue: Grand Anse e Petite Anse. La parola “anse” vuol dire spiaggia e queste due sono incredibilmente belle. Sono enormi e per arrivare al Petite Anse dobbiamo prendere un sentiero in mezzo alla vegetazione che ci regala sfumature di verde mai viste. La spiaggia bianca fa da cornice ad un mare che ci regala tutti gli azzurri possibili. Non so che dirvi, mi fermo a guardare un sogno, un paradiso, un luogo incantato. L’autobus che ci porta in giro è guidato da un ragazzo giovane che sente a volume altissimo una specie di reggae-ton locale che inonda tutti i luoghi.

Al ritorno prendiamo la barca e passiamo davanti a isole, spiagge, vediamo alberi, palme altissime, foglie enormi. Secondo me se c’è un paradiso, la sceneggiatura per costruirlo lo hanno preso dalle Seychelles. Il marinaio della barca ha 22 anni. A 14 ha lasciato scuola per lavorare. Ha messo i soldi da parte e ora si è comprato, insieme un amico, una barca Italiana. Quando dice Italiana gli si illuminano gli occhi. Mi fa vedere la foto del figlio di 2 anni. È tutto occhi. Mi dice che lui sa che le Seychelles sono belle, ma lui le vede tutti i giorni e si è abituato. Un po’ come noi con il Colosseo.

Il giorno dopo si va all’isola di Curieuse. In quest’isola vivono allo stato brado le tartarughe di terra più antiche del mondo. Nascono in un arcipelago a metà strada tra le Seychelles e il Madagascar e si trovano solamente in tre luoghi: l’arcipelago in questione che si chiama Anthshoa, Curieuse e le Galapacos. Sono animali molto belle e regali, che danno una sensazione di antichità. Camminavano tra i dinosauri, non ci dimentichiamo. Quelli dell’isola hanno tutte almeno 100 anni e alcuni ne hanno 250. Ci sono dei gruppi di Ranger che se ne prendono cura nutrendoli di foglie e dandogli un sacco di coccole. Ci dicono che 48 prima dello tsunami del 2011 le tartarughe iniziarono a camminare verso la parte più alta dell’isola. I ranger non capendo cosa facessero li tirarono giù, ma parecchi di loro sopravvissero per questo motivo. Originariamente era chiamata “Ile Rouge” in quanto il suolo e alcuni dei massi granitici che vi si trovano sono di colore rosso. Prese poi il suo nome (come in molte altre isole) dalla nave che per prima la scoprì, appunto “La Curieuse”. Siccome su quest’isola nasceva il famoso coco de mer, nel 1771 i marinai diedero fuoco all’isola con l’intenzione di coltivare la preziosa pianta da un’altra parte e averne l’esclusiva. Nel 1800 era stata adibita a un lebbrosario e residenza del Dottor William Macgregor. La casa del dottore si può visitare in quanto ci hanno fatto un piccolo museo sulla storia dell’Isola.

Un altro giorno andiamo in un isola privata chiamata Gran Soeur (la grande sorella). È di proprietà di un signore Svizzero e ci girarono alcune scene di Jurassic Park. Da una parte dell’isola facciamo snorkeling in quanto è riserva naturale. Ci sono moltissime varietà di pesce, anche se la barriera per via del Niño e dello Tsunami è distrutto. Ci vorranno altri 200 anni per rivederlo nel suo splendore. Attraversiamo l’isolotto tra vegetazione rigogliosa e tartarughe e ci imbattiamo in una spiaggia bellissima. È piccola ma incorniciata dalle palme e dalle caratteristiche pietre granitiche che si trovano solo qui. Ci fermiamo nell’acqua a guardare questa meraviglia e ci stupiamo della sua bellezza. Sembra finta. I ragazzi che ci accompagnano nel tour preparano la brace e ci cucinano il pesce che, credetemi, ha delle dimensioni notevoli. La rilassatezza del luogo e della gente rilassa anche noi, e ci facciamo cullare da tutto questo ringraziando il cielo della fortuna di essere li.

Un pomeriggio andiamo a piedi al villaggio più vicino. 5 km in mezzo al verde su una strada di cemento, questo perché siamo a 2 gradi sopra l’equatore e l’asfalto si squaglierebbe. Ridono molto gli abitanti delle Seychelles, chissà come mai….sarà mica che sanno anche loro di vivere in un paradiso? I pescatori prendono i pesce e poi lo buttano sui dei banchetti che stanno in giro al lato delle strade. Loro si siedono davanti alla merce e si fermano a parlare mentre le mosche fanno un banchetto sulle vittime. Vediamo una scuola dove il giardino è più grande dell’edificio principale. Prendiamo un frullato di frutta tropicale in un bar che sembra Londinese.

Il giorno dopo andiamo a visitare la riserva naturale “Vallée de Mai” unico posto al mondo dove crescono selvaggiamente le piante di coco de mer. Il seme, tipico e famoso perché ha la forma del basso ventre di una donna, è specie protetta e non può essere portato fuori dal paese. Se ti trovano con un coco de mer nella valigia ti fai subito 15 anni di carcere. Il posto è magico. Sembra di mettere piede in un era preistorica. In pratica nulla viene toccato, dunque le foglie e i fiori che cadono e muoiono rimangono li creando un ecosistema unico nel mondo. Le palme e le foglie sono enormi e tutto ruota intorno alla regina del paese, il coco de mer, che ricorda tanto il sistema riproduttivo degli esseri umani, sia donna che uomo. La passeggiata è gradevole tra uccelli dai colori distinti, e piante che ci fanno sentire molto molto piccoli.

Il giorno prima di partire andiamo nella spiaggia più famosa di Praslin, Anse Lazio (chiamata così perché lo scopritore aveva dei famigliari originari del Lazio). Andiamo a fotografare il tramonto, ma quando arriviamo alla spiaggia, bellissima, ci accolgono nuvoloni pieni di pioggia. I ragazzi del resort arrivano in macchina e ci organizzano un aperitivo sotto le palme e noi felici e forse un po’ brilli ci facciamo il bagno in un acqua turchese sotto la pioggia. Bellissimo. Bellissimo.

E poi si rifanno le valigie lasciandoci dentro la sabbia bianca, si riprende la macchina con la musica creola, il piccolo aereo, si rivedono i sorrisi delle ragazze all’aeroporto, si guarda la bellissima bandiera delle Seychelles, e si ritorna a casa. E il giorno dopo il nostro arrivo nevica a Roma e non hai ancora scaricato le foto, e fa freddo ma la tua pelle è scura dal sole, e sorridi non solo fuori ma anche dentro.

 

 

 

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