Tempo fa, nel suo girovagare per mercati e gallerie Wim Wenders trova due foto che lo colpiscono. Una foto ritrae un cercatore d’oro che si riposa appoggiato a un palo mentre tutti gli altri lavorano. La seconda è il ritratto di una donna del Mali che ha perso la vista per un’infezione agli occhi. Nonostante questo guarda l‘obiettivo con dignità piena di orgoglio e consapevolezza. Lui compra le foto. Sono di Sebãstiao Salgado, il famoso fotografo Brasiliano. Wenders rimane interessato a Salgado e anni dopo lo incontra. Il Sale della Terra è un documentario frutto di questo incontro che narra la storia della vita e delle fotografie di Salgado. Come accade spesso nelle persone che danno piccole spinte cercando di cambiare il mondo in meglio, Sebãstiao Salgado ha vissuto tante vite. All’età di 15 anni lascia il paesello dove era nato in Brasile e va in città iniziando i suoi studi in economia. Incontra la donna della sua vita, Leyla, e negli anni 70, durante la dittatura militare, va a Parigi in esilio. Inizia a lavorare come economista e approda al World Bank andando in missione in diversi paesi. Quando la fotografia entra nella sua vita in modo del tutto casuale, se ne innamora. Decide insieme alla moglie di deviare la sua vita come a volte si deviano i fiumi, e inizia a concepire progetti fotografici che lo porteranno nei posti più bui del pianeta.
Salgado non è un fotografo di guerra, lui entra negli eventi dove la guerra non si fa con i carri armati e con i fucili, ma con la sofferenza e la fame. Vediamo foto incredibili prese durante i suoi viaggi nel mondo. Le miniere della Sierra Pelada in Brasile, nel Sahel, in Iraq, in Etiopia, in Rwanda. Con i suoi scatti riprende la bellezza e la crudezza della vita e ce le dona con foto bianche e nere, contrastate, sgranate e di forte impatto. Sullo schermo, il fotografo parla a Wenders che usa uno schermo trasparente sul quale scorrono le immagini e cambia il fuoco della lente per andare dalle foto agli occhi di Salgado. E noi sediamo in una sala buia guardando occhi, e volti, e ossa che non parlano più. Ascoltiamo le parole di Salgado e guardiamo la morte, in silenzio con cupezza e dolore. Salgado racconta di persone, esseri umani, che impazziscono perché non resistono a quello che stanno vivendo. Lui dice, ed è tra i concetti più forti e veri che io abbia mai sentito, che l’animale essere umano non meriterebbe di esistere per la crudeltà che riesce ad esprimere.
Dopo quasi 30 anni di viaggi nei luoghi neri del mondo, Salgado torna a casa con un’ infezione. La sua pelle si devasta. Racconta che faceva l’amore con la moglie e non aveva sperma. Va da un suo amico dottore che gli dice “il tuo corpo non ha nulla, il problema è che la tua anima ha vissuto troppo la morte, e sta morendo essa stessa”. Arriva al punto di odiare la fotografia e la vita, e per capire qualcosa torna alle sue radici. Torna alla fazenda del padre e da li ricostruisce qualcosa di bellissimo e che raccoglie in se un messaggio molto forte chiamato Instituto Terra. Fa rinascere la vita dove c’era la devastazione, cercando di riparare nei suoi occhi la devastazione che aveva visto.
Inutile dire che Il Sale della Terra è bellissimo, e va visto. Andrebbe anche regalato alle scuole e andrebbe comprato e tenuto gelosamente in casa, per rivederlo ogni tanto e ricordarci di quanto noi siamo fortunati.