Sono affascinato dai tecnici e gli scienziati che si occupano di missioni spaziali. Li vedi tutti in quella stanzona davanti a uno schermo enorme e sono concentratissimi. Magari uno si occupa di una vite, un altro di una pompa, ma insieme fanno che eventi poco logici diventino realtà. Io amo gli ingegneri perché vedono altre cose nel mondo che gente come me non vede. Rendono concreti i sogni.
Amo il cinema perché mi ci portava mio padre. Uno dei ricordi più belli, e forti, fu quando mi portò a vedere 2001 Odissea nello Spazio di Kubrick. Uscì nel 1968 e dunque io avevo qualcosa come 9 anni. Ancora ricordo l’emozione quando entrai nel cinema. Quando ne uscì dissi a mio padre che non ci avevo capito nulla, ma che mi era piaciuto tantissimo. Lui sorrise e mi disse “non ti preoccupare, non ci ho capito nulla neanch io”.
Interstellar, ultima fatica di Christopher Nolan, è un 2001 Odissea nello spazio più scientifico che filosofico ma con un fondo di forte connotazione umana. La storia è semplice e purtroppo molto realistica. Gli uomini hanno fottuto la terra, intesa come risorse, e serve un altro posto dove andare a vivere. Semplice no? In un modo un pò karmico, il vecchio astronauta Cooper (un ottimo Matthew McConaughey ) trasformatosi in agricolture per la gioia della FAO, ritorna alle origini e per amore dei suoi figli…anzi…soprattutto la figlia Murphy (in onore della legge di Murphy) rimette il sedere su un razzo spaziale e va a salvare l’umanità. Siccome va dalle parti di Saturno mettendoci svariati anni umani, entrano nelle famose teorie dello spazio-tempo-relatività-buco nero- vermespaziale – e tante altre che noi tutti conosciamo come cultura generale, ma sicuramente non conosciamo come li conosce un fisico o un astronauta.
Qui entra uno delle cose più affascinanti del film: quello che io chiamo “lo schema del Dottor House. Io guardavo Doctor House senza capirci una mazza, affascinati dal fatto che il Dottore zoppetto alla fine salvasse il paziente con le sue deduzioni ma soprattutto con la sua grande conoscenza. Mi diceva un mio carissimo amico dottore che durante la puntate della serie televisiva si vedeva con i suoi amici e colleghi dottori come lui. Appena iniziava la puntata con il malato che mostrava i sintomi, dovevano scrivere su un foglio di carta la diagnosi. Per loro era un gioco da ragazzi, per me almeno capirci qualcosa era pari all’aramaico antico. Noi, per Cooper e tutti gli astronauti sentiamo lo stesso profondo rispetto per la loro conoscenza. Una totale fiducia visto che vanno a salvare noi, e fascino per il loro coraggio e la loro determinazione.
Siccome Nolan, coadiuvato da svariati scienziati e astrofisici, ha basato la sceneggiatura su teorie di fisica quantistica anche in questo film usa come il suo solito il personaggio spiegante. Come in Inception, c’è uno dei personaggi che quando accade qualcosa ce la spiega. Dice cose tipo: “ecco, stiamo per entrare in un buco nero e se ci entrassimo accadrebbe che il tempo si schiaccherebbe….ecc. ecc.” oppure “quando andrai su qual pianeta a te sembrerà 2 giorni, ma in realtà saranno 200 anni del nostro tempo terreno…..” e altre cosuccie così. Ci sono robot, ci sono astronauti donne (la bella e brava Hathaway), ci sono pianeti ostili , e pure qualche essere umano viscido e bastardo, ma il film è fenomenale. È un vero viaggio nel coraggio e nelle parti più sconosciute dello spazio e di conseguenza di noi stessi. È un’Odissea scientifica dove però il motore di tutto è l’amore, in questo caso l’amore tra Cooper e sua figlia Murphy. Come in tutti i veri amori, la loro relazione è anche intrisa di paure. Paure di essere abbandonati, o di non essere considerati. Cooper, partendo per l’ignoto, promette a Murphy di ritornare.
E noi ogni attimo del film stiamo con gli occhi aperti perché sentiamo il cuore di un padre che pompa sangue nonostante tutto, semplicemente perché ha promesso a sua figlia che tornerà. Il finale è bello e degno, anche se andando sul web troverete diverse teorie, e stroncature, oltre a elogi.
Io dico solo che quella sera sono andato al cinema e ho risentito le stesse emozioni che sentì la notte quando l’uomo atterrò sulla luna. Stavamo in un cottage nel nord del Canada. Mi ricordo che uscì e mi misi con il naso all’insù verso la luna. E sognai.