Pensate se un giorno aveste scritto un libro e che viene venduto quasi per niente. Lo compra tua sorella, tua madre e pochi amici. Immaginatevi però che libro ha un successo incredibile in un paese lontano ma voi questo non lo sapete. Garcia Marquez diceva che “la vita a volte è molto più romanzata di un romanzo”.
“Searching for Sugarman” è un bellissimo documentario vincitore dell’oscar. Il regista è un giovane Svedese chiamato Malik Bendjelloul. Narra la storia di Sixto Rodriguez cantante “on the road”, un Bob Dylan di Detroit che canta e suona in locali dove c’è più nebbia e fumo dentro che fuori. Una sera, mentre canta in un locale, viene sentito da un produttore discografico. Questo gli fa un contratto convinto di avere sottomano uno dei più grandi artisti della storia. Esce il disco, e vende forse 8 copie. Il nulla.
Fatto sta che un giorno, una ragazza americana va in Sud Africa a trovare un suo amico. A questo amico porta in dono il disco di Rodriguez. Il Sud Africa di quei tempi era un paese chiuso, nel pieno delle proteste contro l’Apartheid, e schiacciato da sanzioni internazionali da quasi tutti i paesi del mondo. Il disco viene sentito e amato. Viene registrato sulle musica cassette, e in poco tempo la musica di Rodriguez diventa la musica ufficiale della ribellione. I suoi versi poetici toccano il cuore dei Sudafricani e diventa una vera star nazionale. Le parole di protesta dei lavoratori di Detroit, diventano le stesse dei ribelli di Cape Town. In Sud Africa il cantante diventa un mito, una leggenda a tal punto che, si dice, Rodriguez si sia ucciso sul palco mentre faceva un concerto. Appunto la leggenda narra che si sia sparato un colpo in testa, altri dicono che si sia bruciato vivo davanti a tutti cospargendosi di benzina. Dunque…paese politicamente chiuso….cantante morto….e alla fine l’equazione porta ad un successo strepitoso di un cantante impossibile da vedere.
Passano trent’anni ma i miti sono miti. Rodriguez, per i Sud Africani, era Elvis, Jagger, Dylan. Un giornalista insieme a un esperto di musica, quasi per scherzo, mettono su internet la foto del cantante e chiedono al mondo: “chi lo ha visto?” E il romanzo qui si fa ancora più romanzo. Una delle tre figlie di Rodriguez vede il sito e scrive: “salve , sono la figlia di Rodriguez, chiamatemi se volete informazioni”. La chiamano e il mistero si chiarisce un pò. Mentre in Sud Africa nasce e muore un mito, Rodriguez lavora come operaio a Detroit. Butta giù case, le ricostruisce e a volte fa traslochi portandosi appresso un frigorifero sulle spalle. Un uomo silenzioso, grande lavoratore, che vive umilmente da 40 anni nello stesso appartamento. I suoi colleghi di lavoro dicono che a volte va a lavorare vestito in smoking.
Rodriguez chiama per telefono il giornalista “salve, so che mi stavate cercando”.
E dopo 30 anni la vita prende uno dei suoi giri vorticosi…e Rodriguez sale su un aereo con le figlie e va a Cape Town. Scende dall’aereo e vede un mucchio di limousine. Dice alle figlie “sarà arrivato qualcuno d’importante”. Erano per lui. Dopo 30 anni il Sud Africa ha il piacere di rivedere Rodriguez in un concerto. Appena sale sul palco, davanti a un palazzetto pieno gremito di gente e con la chitarra in mano, si avvicina al microfono e dice:
“grazie per avermi tenuto in vita”.
Amo il cinema per questo, perché in notti buie e fredde succede che mentre la casa dorme tu ti commuova vedendo un vecchio Messicano di 70 anni che suona davanti a gente impazzita, che guadagna i soldi che poi darà alla sua famiglia, e che torna nella sua vecchia casa e continua a lavorare come operaio a buttare giù e ricostruire case.