Serie e ancora serie

Ebbene si, rieccomi qua con qualche gustoso consiglio riguardo le serie televisive migliori (per chi ne fosse interessato) da regalare, scaricare, vedere, o farci quello che vi pare….

Il primo, visto che è il più anziano, è “Dexter”. Finito dopo ben 8 stagioni, il buon Dexter Gordon ci ha lasciati con un finale che personalmente non mi ha garbato molto, ma capisco pure che è difficile finire bene una storia così contorta. Quando vi dicevo in passato che le serie approfondiscono i caratteri dei protagonisti delle serie, in Dexter questo raggiunge vette altissime. In soldoni, Dexter è il figlio adottato di un poliziotto che lo salva mentre piccolo e indifeso, lo trova piangente in un lago di sangue. Un serial killer ha appena ucciso la madre con una sega elettrica e il poliziotto, preso in compassione, lo adotta. Durante la sua crescita Dexter da segni di squlibrio (e vorrei vedere). Il trauma che ha passato lo ha ferito profondamente e gli ha scardinato i meccanismi interni facendolo diventare, a sua volta, un uomo assetato di sangue. Gli studi dicono che in una buona percentuale, i pedofili, sono stati a loro volta “violentati” quando erano bambini. Lo schema qui è lo stesso. Per cercare di arginare le sue pulsioni, il padre/poliziotto di Dexter gli da un  “code” , un codice. In pratica, Dexter uccide solamente gli assassini comprovati che non sono stati giudicati dalla giustizia ufficiale. Una specie di giustiziere che taglia a pezzi gli esseri più spregevoli, facendo loro vedere le foto dei volti dei morti che loro stesso hanno causato. Questo instaura un meccanismo di giustificazione/pena verso Dexter. Si vive la sua fragilità e la sua incapacità sociale, ma nello stesso tempo capiamo che quello che fa, anche se eticamente non è accettabile, logicamente lo è. L’ostacolo in questo caso si alza, e noi accompagnati dai ragionamenti interiori di Dexter, viviamo le sue profondissime contraddizioni. La sua incapacità di amare, lo porta invece a cercare l’amore. A sposarsi, e fare un figlio. Il rapporto con la sorella cazzuta (poliziotta), unico rappresentante della famiglia intesa come tale, è altalenante visto che lui deve vivere nell’ombra buona parte della sua esistenza. Ci sono state stagioni migliori e peggiori, ma i colpi di scena e i cliffangers sono sempre stati di ottima fattura. Un lungo viaggio nella mente malata di un uomo che ha sempre cercato di mettere l’ordine dove esisteva il caos, e dove la moralità e la giustizia prendevano una forma diversa della solita. Un ottimo esercizio di investigazione della pazzia umana.

 

Una serie invece che è iniziata da poco e che vi consiglio è “the Americans”. I due attori bravissimi, Kerri Russell e Matthew Ryhs (visto in Brothers and Sisters), sono due spie Russe infiltrate nell’America durante gli anni 80. Assoldati in età giovane vengono spediti vicino a Washington (Virginia) per spiare appunto il governo Statunitense. Addestrati e molto dediti alla causa, vivono the American Way of Living (visto che fanno finta di essere Americani) e lottano quotidianamente contro questa contraddizione. Sono marito e moglie (con due figli) ma non lo sono per amore, ma per dovere. A lungo andare però, la loro relazione inizia a diventare qualcosa di più reale che va a toccare le fondamenta della loro integrità di spie. Qui si tratta di un’analisi non tanto focalizzata sulla vita avventurosa alla 007 delle spie,  ma bensì sulle paure e le contraddizioni reali di vivere sotto copertura con la paura di essere presi e perdere tutto quello che si possiede. Non è facile dover dire sempre bugie, ma seppure lo fanno in modo professionale, la vita di una spia non è mai serena. Secondo tradizione, doppi e tripli giochi sono all’ordine del giorno, e loro di devono districare tra una realtà che a volte può diventare il suo proprio contrario. Come ogni buona serie che si rispetti, la sceneggiatura è ad alti livelli portandoti verso colpi di scena interessanti. Si vive da vicino le forti contraddizioni dovute alla visioni diverse della vita: American way of living da una parte, e il pragmatismo e la profondità dei Russi. Gli attori tutti sono bravissimi, e si vede con molto piacere. Avvincente direi.

E finisco ora con un capolavoro assoluto. L’HBO ci ha abituata a serie di notevole spessore come “i Sopranos” oppure “Game of thrones”. Ora ci presentano “The Newsroom” ottima serie scritta da Aaron Sorkin. Jeff Daniels è un anchorman di notevole successo, Will” McAvoy, che è a capo delle news in prime time per una canale inventato chiamato ACN. Non sto qui a raccontarvi le metamorfosi di Mc Avoy o le inevitabili dinamiche tra i giornalisti che lavorano con lui, dico solo che gli Americani amano la loro libertà di stampa e l’intera serie si basa sulle scelte tra la realtà e la verità nel campo giornalistico. Anche qui gli attori sono coinvolgenti, e la macchina da presa che gira vorticosamente ci da la sensazione reale della tensione prima e durante la messa in onda. Il genio esce perché ogni puntata ha una data, e in quella data accade qualcosa della nostra storia recente: la morte di Bin Laden, l’elezione di Obama, i reattori di Fukushima, e vediamo in diretta come si costruisce una notizia, quali sono i passi per capire se è vera oppure no, e la responsabilità nel dire o meno le cose come stanno. Ogni puntata è una storia a se, a volte toccante e profonda, a volte divertente, ma mai banale. Un ottimo prodotto che va assolutamente visto.

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