Black Mirror è una serie televisiva creata e trasmessa dalla BBC. In pratica credo sia andata così: qualche funzionario con il cervello psichedelico è andato nell’ufficio programmazioni della BBC e ha detto “ecco i soldi, prendete tre registi giovani e date loro carta bianca, noi diamo loro solo lo stralcio di quello che vogliamo”. Non so se sia andata cosí, ma l’idea di partenza è quella di farci vedere le storture della tecnologia di oggi e del futuro. Il creatore Charlie Brooker dice: “se la tecnologia è una droga, e a volta pare proprio una droga, quale sono gli effetti collaterali?”
Il primo episodio è semplicemente geniale. In una Londra tra il presente e il futuro, la Principessa Susannah (copia conforme delle varie Diana e Kate) viene misteriosamente rapita. Il Primo Ministro, tale Callow, riceve la richiesta di riscatto, e qui arriva il bello. Non si tratta ne di soldi ne di richieste politiche, ma di atto che lo stesso Callow dovrà compiere. Non vi dirò niente per non rovinarvi il racconto, ma il tutto è spietatamente geniale e drammatico. La distorsione dei media che tra twitter e sondaggi costellano le scelte politiche e pratiche del Primo Ministro sono uno spaccato spietato della nostra realtà. Il finale, con lo svelamento del vero motivo del rapimento, lascia a bocca aperta.
Il secondo episodio ci fa vedere un futuro dove ognuno dovrà andare in bicicletta per sviluppare l’energia elettrica nel suo quartiere. In luoghi chiusi e claustrofobici il “potere” fa passare il tempo ai ciclisti con videogiochi e trasmissioni televisive a base di giochi e sesso. Ci si chiede se in questo ambiente asettico possa esistere l’emozione e l’amore, cioè se si possono vivere sensazioni reali. Il protagonista del racconto, Bing, per l’amore di Abi una ragazza che ogni tanto vede e che pedala con lui, si butta nel mondo virtuale della televisione per cercare di conquistare il suo amore. In un mondo piatto creato a nostra immagine e somiglianza, dove persino le emozioni sono finte, cosa accade quando esce dai nostri cuori qualcosa di vero?
Nel terzo l’estremizzazione della tecnologia apre gli abissi dei nostri cuori. L’immaginario di questo racconto si basa sulla possibilità che in un futuro prossimo verrà impiantato alla base del nostro collo (come i cani…..) un cip che fungerà da memoria. I nostri occhi dunque diventano delle videocamere che registrano tutto quello che viviamo e che va a finire dentro al cip. La sera, tornando dal lavoro dopo una bella cena, ci possiamo mettere davanti alla TV e con un telecomando speciale rivederci la nostra giornata, la nostra infanzia, oppure quello che abbiamo fatto durante un tale giorno di tale anno. Possiamo anche prendere il telecomando di nostro figlio neonato e vedere attraverso i suoi occhi cosa ha fatto la baby sitter durante l’intera giornata mentre noi eravamo al lavoro. Con queste possibilità tecnologiche, che fine fanno le nostre emozioni? Mettiamo che uno è geloso……cosa accade quando rivede il film della vita della moglie?
Sempre invischiati in situazioni estreme stiamo con l’ottimo film “127 ore” di Danny Boyle quello di Trainspotting e Slumdog Millionaire. Narra la storia assurda, e purtroppo vera, di Aron Ralston alpinista/trekker statunitense, che rimase solo e senza comunicazione in un crepaccio con il braccio intrappolato tra la parete e un masso. Vi rimase appunto 127 ore filmando tutto fino alla presa di coscienza che c’era solamente una cosa da fare per liberarsi. È un film duro per stomaci forti, ma è intriso di quel mistero che ha portato l’umanità sempre verso il futuro e il domani: il senso di sopravvivenza. Non lascia indifferenti e il coraggio di un uomo in una situazione di vita o di morte ci fa assaporare quanto di queste scelte hanno costellato la crescita dell’umanità.