Mi avvicino alla biglietteria e dico ” due biglietti per pietà” . Da qui già si capisce tutto. Kim Ki-duk, regista Koreano di Ferro 3 (spero lo abbiate visto….) dopo un paio di anni di depressione ha creato questo film che ha vinto il festival di Venezia 2012 . L’ attore, Lee Jung-jin, recita la parte di un brutale ” recuperatore di crediti” . I poveri artigiani chiedono alla sua organizzazione del denaro in prestito che dovrà poi essere ritornato con interessi altissimi.
Se non hanno i soldi allora lui li trasforma in handicappati in modo da prendere i soldi da polizze d’ assicurazione che loro hanno precedentemente firmato davanti a lui. Insomma, un tipo che vive in un buco di merda, e che fa un lavoro da messaggero dell’ inferno. Lui non ha pietà. Sogna di scopare, mangia da solo, vive come un condannato con la libertà di ferire. Un giorno una donna silenziosa lo segue (l’ attrice bellissima e bravissima Jo Min-soo) e appena lui entra in casa, lei si butta sui piatti sudici in cucina e inizia a lavarli.
Chi è questa donna misteriosa e cosa vuole da lui? Lo scopriamo piano piano tra lacrime, affetti inaspettati, e violenza a volte gratuita. Una fredda città Koreana piena di mondezza fatta da oggetti e uomini fa da corollario a un rapporto tra due esseri misteriosi, fragili, e perduti. La donna sostiene di essere la madre Kang-do (il carnefice) che lo abbandonò appena nato. Lieve in lui è la sensazione di ritrovarsi tra le braccia di un calore dimenticato. Occhi pieni di senso di colpa della madre fanno da cornice al volto bello e intenso della donna, volto che coglie sfumature che si riveleranno alla fine ciò che non sembrano.
Amo gli orientali perchè nella loro capacità di controllo e distacco, vivono un tumulto interiore che a volte produce film come questo.
La pietà esiste nella misura in cui gli uomini non ne regalano. In una luce cupa e fredda tra le vene di un assassino esce la redenzione, la speranza e forse l ‘amore in un animo arido fino a quel momento. Ciò che sembra non è, e quello che viviamo nelle scene finali sarà difficile da dimenticare. Andare a scavare nella melma delle nostra anime non è facile da vedere, ma nonostante questo restiamo rapiti da questi esseri umani presi da un vortice di emozioni che portano alla morte.
Che dire, un film bello e intenso, meritevole del premio sicuramente, ma che ci prende per mano e fa vedere come le parole come vendetta e dolore derivino dalla stessa radice.