Ho sempre diviso gli Americani in “buoni” e “cattivi”. Quelli “cattivi” sono gli americani che vedono solo….l’America. Provinciali, ottusi, di destra, conservatori, guerrafondai. I “buoni” sono quelli che sanno che esistono altri paesi, altre culture. Che sono un po più liberal, che votano Obama, che accettano i matrimoni gay, e che portano avanti un paese immenso dove la libertà non è un concetto astratto. Nonostante tutto questo, l’America è un paese di fortissime contraddizioni, ma stupendo e affascinante. Naturalmente avendo io le mie radici in Canada, ogni volta che vado ritrovo un pezzo di me stesso.
Qui in Italia c’è gente che uccide le persone per litigi di condominio. Li c’è il senso della “comunità” dove i ragazzi spalano la neve alla vecchietta perché lei non può. Nei negozi ti trattano come quello che sei: un cliente, con gentilezza e professionalità. Dovunque e sempre. Per strada la parola che dicono di più è “pardon me” oppure “excuse me”. C’è una sensazione sopra la tua testa di qualcosa che funziona. La gente vive sapendo che non si devono preoccupare del “sociale” perché è tutto molto organizzato e rispettoso dell’individuo. In ogni ufficio, museo, negozio trovi questo. Nessuno passa con il rosso perché è inconcepibile. Nessuno salta la file semplicemente perché è irrispettoso. I nostri vecchi, al primo acciacco, si chiudono dentro casa e buttano la chiave. Li è pieno di sedie a rotelle, carrellini scricchiolanti e bastoni. Appena entrano in un museo c’è qualcuno che li accoglie e li guida per tutta la loro permanenza. Se non paghi le tasse ti massacrano perché tu rubi al sociale, così come se fai un’infrazione per strada. Quando vai ai ristoranti prendi da bere qualcosa, ma poi c’è il “refill” che è gratis. Se compri qualcosa in un negozio puoi riportarlo indietro fino a 30 giorni e ti ridanno i soldi. Contanti.
Si vestono senza nessuna regola, con la massima libertà. A New York abbiamo visto un tizio in pigiama camminare per strada. Un altro aveva una camicia a fiori e un paio di pantaloni di seta cinesi con un dragone. A New York camminano tutti con le cuffiette attaccate alle orecchie. A Washington gli afro-americani vanno in giro in calzoncini, maglietta, calzini bianchi di spugna (quelli da sport) e ciabatte. Hanno tutti un bicchiere di qualcosa in mano, oppure qualcosa da mangiare. Sono andato in un negozio aperto tutta la notte dove trovi dal pannolino alla bistecca. Mi aspettavo da un momento all’altro che arrivasse qualcuno con la pistola a fare una rapina.
L’America fa parte del nostro immaginario. Sono passato a ground zero, o davanti all’albergo del Watergate. Ho visto la scalinata dove il prete saliva per andare a casa di Linda Blair nell’Esorcista. A NY nel quartiere di Chealsea hanno preso una vecchia linea della metro sopraelevata e ci hanno fatto the “high line”. Ora ci si puó passeggiare e prendere un caffè camminando tra piante e fiori rari e curatissimi. E a Roma quando faremo una cosa del genere sulla tangenziale?
Appena esci fuori da una cittá trovi agglomerati di casette di legno tipo Wisteria Lane delle Desperate Housewives. D’inverno il riscaldamento deve essere sempre acceso e anche d’estate l’aria condizionata deve essere sempre accesa altrimenti la casa, appunto di legno, ne soffre e si danneggia.
Sono andato a fare la spesa da “Cosco”. È un magazzino diciamo “all’ingrosso” ma è un eufemismo. Vendono pacchi da 6 bottiglie di maionese. Ogni bottiglia era un litro. Confezioni di patatine enormi, bottiglie di coca cola da due litri, marshmellows grossi come la testa di un adulto. Molte famiglia Americane non usano mai i fornelli della cucina. Mai.
La cicciona più cicciona va in giro con vestitini piccoli e sbruffosi, ci sono negozi per animali grossi come l’Ikea. Se vuoi comprarti una macchina entri nel negozio, dai i soldi, ed esci al volante della macchina che ti sei comprato. Ogni casa ha la bandiera degli Stati Uniti nel portico, o sulla finestra, o in cucina. I militari hanno gli sconti nei cinema, hanno le file dedicate, hanno dei lounge speciali negli aeroporti. Sono nazionalisti all’estremo, ma dall’atro canto noi abbiamo gente al governo che ci si pulisce il culo con il nostro tricolore. Il problema sostanzialmente è uno: noi Italiani (ed Europei in genere) pensiamo profondamente che noi siamo meglio di loro. Noi continuiamo a dirlo semplicemente perché sappiamo invece che forse non è sempre così.
Mi accorgo che ho scritto molto, ma avrei da scrivere per giorni. La realtà è che loro invadono l’Iraq, ma nello stesso tempo hanno nei loro geni la libertà di espressione e opinione che prevale sempre. Un paese dove c’è la pena di morte, ma nello stesso tempo un rispetto del sociale che a volte ti toglie il respiro.
Rimango con la certezza che New York è una città bellissima che è diventata ancora più bella dopo la ferita delle torre gemelle….che il miglior hamburger è da “five guys”, che gli americani sono degli eterni adolescenti convinti di salvare il mondo e affascinati dall’idea che esiste dell’altro.
Nel Newsmuseum di Washington (dedicato alla stampa) c’è un angolo dedicato all’11 settembre. Troneggia l’antenna radio storta e distrutta di una delle due torri. C’è una grossa parete con tutte le prime pagine dei giornali di quel giorno. Si entra in una saletta dove ti siedi e vedi un filmato. Sulla parete di questa saletta c’è scritto “ci sono 3 categoria di persone che invece di scappare vanno verso una tragedia: i poliziotti, i pompieri e i giornalisti”. Il filmato fa vedere scene inedite di alcuni giornalisti che si sono letteralmente buttati verso ciò che stava accadendo filmando e intervistando ciò che era rimasto. All’uscita della saletta c’è un contenitore da dove chiunque può prendere dei fazzolettini per asciugare le proprie lacrime. Ecco, questi sono loro.