Drive

Lui non ha nome. Lo chiamano “the kid” o “the driver”. Di giorno ripara automobili e fa lo stunt man facendo volare autovetture per poi sfracellarle sulla strada. Di notte fa rapine, come autista naturalmente.

Lui parla poco. Ha sempre uno stuzzicadenti in bocca.

Lei ha le fossette sulle guance che escono quando sorride. Il suo sorriso illumina il buio.

Incontra lei che ha un figlio e un marito in carcere. Nasce uno delle più belle storie d’amore sugli schermi degli ultimi anni. Sguardi, sguardi pieni di amore. Baci forse sognati. Una mano che sfiora l’altra.

Lui guarda la TV con il bambino. Offre a lui uno stuzzicadenti. Beve acqua. Ci sediamo insieme a the driver nella sua macchina. Viviamo la sua solitudine. Viviamo anche la sua parte oscura che è piena di violenza e rabbia. Il padre torna dal carcere, poi c’è una rapina, poi c’è un agguato. Il film è un classico film americano, ma non è classico. I protagonisti sono straordinari, ma una soprattutto…Los Angeles….è magnifica.

Drive è una storia d’amore, di morte, di vendetta, di paura, di felicità. Onorico e molto violento ti prende e non ti lascia. È un grandissimo piccolo film con una scena iniziale che stravolge gli stereotipi e con un finale che arriva dritto dritto nei nostri cuori.

C’è sempre il momento in cui si bussano le porte e dall’altra parte non c’è nulla.

L’ho comprato e sta nella mia libreria, Drive.

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