Credo che quando si parla di cinema “civile” s’intende generalmente film che aprono squarci nella realtà smascherando schifezze varie. Il nostro cinema ha una tradizione notevole in questo campo e continua a sfornare pellicole degne di nota.
C’è anche il cinema civile che ci fa vedere episodi e storie che grazie alla narrazione di fatti e punti di vista ci permette di aprirci le menti. 20 sigarette è uno di questi. Questo bellissimo film di Aureliano Amadei narra semplicemente la sua personale storia. Amadei è uno squattrinato tizio che va in giro per centri sociali a fare filmini amatoriali. Sogna di diventare un regista mentre manifesta contro la guerra infame in Iraq.
Un bel giorno, un suo amico carissimo nonché regista, gli propone di andare proprio in Iraq, per fare un film sui soldati Italiani che stanno li per la missione di pace. La macchina da presa segue Amadei nei preparativi, nella partenza su di un C130 con gli altri, nei suoi primi approcci con i militari e il loro mondo. Cerca di vivere tutto con la leggerezza di uno che non si rende conto cosa voglia dire veramente la parola “guerra”, e purtroppo se ne accorgerà molto presto. Il secondo giorno lui si trova nella caserma dei carabinieri a Nassiriya proprio quando arriva il camion che scoppia e uccide. Il resto purtroppo fa parte della nostra storia recente. Il bello del film è la soggettività della visione. Lo scoppio e ciò che ne consegue viene vissuto da noi attraverso gli occhi di Amadei che sembrano impiantati dentro la lente della camera. Diretto senza orpelli. I suoi occhi guardano le sue mani bruciate, il suo piede maciullato, i pezzi di cadavere vicino a lui. Inizia il suo calvario, prima in un ospedale di campo americano per le prime cure, e poi al Celio qui a Roma. La sua vita privata cambia, come cambia la percezione che lui ha delle cose. Non basta sapere che lui è stato miracolato, lui sa che quello che ha vissuto gli piegherà la vita per sempre. Bello è l’immagine dei soldati, gente di un mondo peculiare che vive vicino a noi, ma che vede le cose in modo diverso. Bello è il modo in cui lui vive il dolore e l’amore. Bellissime sono i momenti di umanità tra le carezze di madri e padre dilaniati a loro volta dalla morte dei loro figli che erano “bravi ragazzi”.
Le lacrime dell’attore, Vinicio Marchioni, sono vere come sono vere le sue parole alla fine del film quando presenta davanti ai suoi amici il libro che ha scritto sulla sua storia sciorinando le sue considerazioni. Sono stato contento di aver visto questo film. Nella sua veridicità mi fatto vivere intensamente, molto intensamente, la storia di un uomo che ha vissuto un evento che gli ha dato delle risposte facendogli però perdere delle certezze nello scoppio dell’attentato.