Non mi chiedete perchè ma amo gli Argentini. Amo la loro esagerazione, la loro passione che li porta ad essere ciechi. Come non amare un popolo che dice “ Dio è Argentino”, dove uno dei loro massimi eroi è Maradona, un uomo che è salito dal paradiso agli inferi e dove l’ intero popolo Argentino, nessuno escluso, lo ha sempre perdonato.
“ Il segreto dei suoi occhi” è forse il più bel film della stagione. Vincitore dell’ oscar come miglior film straniero, è intriso della cosa che in assoluto amo di più degli Argentini: la malinconia.
Benjamin Esposito è un funzionario di un ufficio giudiziario ora in pensione. Lui è di quelli che vengono chiamati a rappresentare la legge quando accade qualcosa di molto grave. Un giorno, anni prima, viene chiamato per l’assassinio di una ragazza. Un episodio di violenza. Lui arriva sulla scena del delitto e la trova riversa sul letto, insanguinata, con gli occhi aperti. Gli occhi aperti. Lui li guarda, sembrano dire tutto, raccontare la storia della vita della vittima e della sua morte. Lui ne rimane colpito ed iniziano le indagini. Ma il regista, abilmente, ci porta su diversi filoni narrativi , e vediamo che l’indagine si chiude, per poi riaprirsi clamorosamente. L’ assassino si trova, ma poi per motivi particolari esce di prigione. Qui entra un altro piccolo personaggio che con il tempo diventa immenso, il marito della vittima, tale Riccardo Moralez. Lui è convinto che l’ assassino sia la persona fermata dalle autorità e lo attende perchè crede che sia uscito per un’ingiustizia. Lui vuole giustizia. La grandezza del film sta nel farci vedere che la giustizia non è una cosa assoluta, ma che spesso e volentieri essendo una cosa umana, è imperfetta. La malinconia alberga qui, nell’imperfezione, nel momento in cui il sole tramonta e la luna sale, nel momento in cui nostro figlio chiude gli occhi per dormire…..in quell’attimo……noi viviamo il cambiamento. Mutare porta con se la paura….e la malinconia.
Esposito è un uomo che vorrebbe chiudere i suoi cerchi, ma non è cosa facile. A volte i passi da fare ci portano verso i bordi di voragini pieni di paura, ed abbiamo bisogno di tempo e degli insegnamenti della vita che ci modellano e che ci cambiano. A volte abbiamo paura d’amare, come anche della verità. Subiamo le ingiustizie perchè vengono da persone che sono più potenti di noi semplicemente per un distintivo o un titolo. La sua storia s’intreccia con quelle degli altri protagonisti. Il suo collega geniale comprimario e fedele amico, la sua capa donna bella e paziente, e soprattutto come vi ho detto, il marito della vittima. Un uomo che mostra il dolore davanti alla fine violenta di un amore. Mi sono sempre chiesto dove vada l’ amore quando le storie d’ amore finiscono. Cosa fa? sparisce? si volatizza? va da un altra parte in un altra dimensione? Com’è che quello che ci dava calore non esiste più?
La grandezza di questo capolavoro sta negli sguardi pieni di dolore, di malinconia, che pervadono le strade, i libri, persino le pietanze. Solo Esposito poco a poco riesce a cavalcare le onde del dolore e del dubbio, e segue l’ istinto semplicemente perchè lui è parte di tutta questa incompiutezza. Lui continua ad indagare nonostante stia in pensione ed arriva alla verità. Una verità dove non esistono vincitori e nemmeno vinti, dove esiste solo un peculiare senso di giustizia che da l’ ultimo colpo di coda al film e che ne consacra la grandezza. Ho letto da qualche parte che le persone che hanno avuto una pistola carica puntata aulla testa, e in qualche modo ne sopravvivono, sentono il sapore del cibo in modo diverso dopo quell’esperienza. A volte non serve una pistola puntata ma “ le cose della vita “ per farci capire che il coraggio sta nelle parole più semplici come “ ti amo” . Due scene sopra le altre:
- l’interrogatorio del sospettato violentatore dove l’intelligenza, la furbizia, e l’arroganza si mostrano per quello che sono
- la scena dentro all’ascensore. Scarna e fredda, ai livelli di Hitchcock.
Dovete lasciarvi trascinare da questo film. Dovete farvi prendere per mano dalla costernazione, da “ciò che non è più” e capire che in quel luogo esiste qualcosa di vero.
Ho chiesto ai miei amici e colleghi perchè gli Argentini sono così melanconici. Sembra che nel loro sangue scorra la tristezza e la malinconia degli immigrati Italiani di secoli fa. Io, figlio d’ immigranti, amo l’ idea dei fantasmi del dolore che vivono nelle cellule dei nostri fratelli nei tempi.
Un bel film indubbiamente, una zaffata di aria calda piena di odori del campo, e della buccia d’arancia.